La nuova psicoterapia basata sulla ricerca scientifica
La Terapia Cognitivo Comportamentale (TCC) è un tipo di trattamento psicoterapeutico che consente di analizzare e modificare pensieri e comportamenti disfunzionali avvalendosi, appunto, di un repertorio di tecniche cognitive e comportamentali.
Un po’ di storia
Comportamentismo e cognitivismo sono due paradigmi complessi, che inizialmente erano in lotta tra loro, poiché partivano da assunti opposti, oggi invece si sono integrati nell’approccio cognitivo comportamentale che è uno dei più accreditati scientificamente.
Storicamente, infatti, il comportamentismo parte dall’esclusione della mente dall’attività scientifica. La mente viene considerata come una “black box”, ovvero una scatola nera all’interno della quale è impossibile vedere e verificare cosa accade. Tutto ciò che è possibile osservare è una sequenza tra stimolo e risposta: tra input che entra nella scatola e output che fuoriesce, tra azione e reazione. Per rendere scientifico lo studio della psicologia occorre quindi limitarsi ad analizzare la sequenza stimolo-risposta, l’unica osservabile e verificabile.
Il cognitivismo, invece, nasce dall’assunto opposto, ovvero dal desiderio di esplorare i contenuti mentali e soprattutto i processi, ad esempio il processo di elaborazione delle informazioni, di presa di decisione, di soluzione dei problemi, di comprensione di un testo, di pianificazione di un comportamento. È possibile studiare scientificamente questi processi formalizzandoli attraverso il computer, cioè ipotizzando gli algoritmi seguiti dal cervello.
Pertanto, se il comportamentismo cerca di studiare le condotte osservabili, il cognitivismo ipotizza e formalizza i processi mentali non osservabili. Il nuovo modello inizia ad introdurre la componente cognitiva nello studio del comportamento umano, dapprima bandita dai comportamentisti in quanto considerata non osservabile, non oggettivabile e quindi non misurabile. Questa componente sarà sviluppata dai cognitivisti a partire da Neisser nel 1967, fino a giungere a Beck che formula teorie cognitiviste per spiegare e intervenire sui disturbi psicopatologici.
Ad oggi, l’applicazione congiunta dei paradigmi sopra descritti risulta efficace ed efficiente in ambito educativo e terapeutico. In Italia questo modo di lavorare è ancora poco diffuso. La maggior parte degli psicologi ha un modo di lavorare orientato più alla filosofia che alla ricerca scientifica. Psicoterapia Scientifica è il portale di riferimento che si occupa di diffondere questo modo di lavorare anche in Italia.
Un esempio pratico
Si pensi, ad esempio, ad un fenomeno molto comune: una persona che sperimenta attacchi di panico quando si trova in un luogo affollato.
Il modello cognitivo comportamentale assume il primato della componente cognitiva sugli altri piani e quindi su emozioni e comportamenti. Tornando al nostro esempio, è possibile che questa persona trovandosi in un luogo affollato possa:
- avere pensieri relativi alla propria fragilità, all’assenza di figure di soccorso, oppure immagini di infarto e svenimento.
- A questo punto, tali pensieri avranno delle conseguenze di tipo emotivo: attivazione, paura, ansia e potrebbero attivarsi sintomi di panico.
- Il comportamento di questa persona sarà coerente con i propri pensieri ed emozioni e dunque è possibile che torni a casa cercando una figura di aiuto.
Pertanto, sebbene normalmente si è portati a pensare che emozioni, sentimenti e comportamenti di una persona siano una diretta conseguenza degli eventi di vita, in realtà secondo questo modello di funzionamento, nessuna circostanza esterna può riuscire da sola a generare tanta sofferenza. Sono soprattutto le nostre interpretazioni della realtà a determinare le nostre risposte emotive e comportamentali.
Cosa accade durante una seduta con un terapeuta cognitivo comportamentale?
Quando ci si presenta da un terapeuta cognitivo comportamentale, il proprio desiderio potrebbe essere quello di un sollievo immediato dai sintomi che ci disturbano. Sebbene questo possa accadere, non sarebbe sufficiente a stabilire una condizione di “guarigione”. Scopo ultimo dell’intervento cognitivo comportamentale non è solamente la rimozione del sintomo, ma quello di promuovere un funzionamento globale più efficiente, che costituisca una risorsa per la persona, in modo da prevenire eventuali ricadute.
Pertanto, il primo strumento con cui interverrà il terapeuta sarà la costruzione di una relazione salda. La costruzione di un’alleanza di lavoro ha come obiettivo ultimo quello di motivare la persona ad assumere un ruolo attivo all’interno di un percorso che non miri al sollievo transitorio dei sintomi.
In particolare, un terapeuta cognitivo comportamentale disporrà di un ampio repertorio di tecniche per intervenire sia sui comportamenti sintomatici che sui pensieri che li producono.
Di seguito un elenco di alcuni possibili strumenti di apprendimento della TCC:
- regolari sessioni individuali o di gruppo o una combinazione di entrambi
- feedback frequenti
- attività di gioco di ruolo (role play)
- strategie per calmare la mente e il corpo (tecniche di respirazione, rilassamento muscolare)
- incrementare gradualmente l’esposizione a cose o situazioni che suscitano paura e disagio
- esercizi a casa
- tenere un diario dei pensieri
- esercitare le abilità apprese per promuovere il cambiamento e l’adozione di strategie di coping positive
Scopo ultimo di questi strumenti di apprendimento è rendere più ampio e flessibile il vostro repertorio di pensieri e comportamenti. In questo modo sarà possibile superare quella rigidità che poteva aver contribuito al mantenimento dei problemi.
Per iniziare, monitorare e valutare l’efficacia dell’intervento, il terapeuta può somministrare test all’inizio, in itinere e alla fine del percorso. È possibile prevedere incontri di follow up a distanza di qualche mese dalla conclusione, per rinforzare ulteriormente le acquisizioni e mantenerle nel tempo.